martedì 1 maggio 2012

Quattro passi... con Ben - Sessantasettesima puntata

Il Ciaffa si prestava spesso per aiutarmi nel mio compito di autista, offrendosi per aprire i cancelli durante il percorso che facevamo con il camion dal comando al fortino, ma come era mia abitudine io non mi facevo aiutare e facevo tutto da solo, anche se comportava un maggior impiego di tempo.
Questo fatto contribuiva a farmi rispettare senza dover ricorrere alla forza dell’anzianità, e faceva sì che i nuovi mi considerassero una specie di fratello maggiore.
Così Ciaffa spesso saliva in cabina con me.
Avendo saputo che si era messo con la figlia del capitano, un giorno scattò la “trappola”.
“Ciaffa, oggi sali davanti con me?”
“Va bene, ma i cancelli chi li apre?”
“Come al solito.”
“Ok!”
Così una volta saliti e partiti, iniziai a fischiettare.
“Che cosa hai da fischiare? Sei contento?” domandò lui.
“Se sono contento? Eccome! Ho conosciuto una ragazza a Ghedi l’altra sera. Stai a sentire: sono uscito con la Horizon, Biagio mi aveva detto che c’è una piazzetta con un bar-pizzeria, che è un po’ il ritrovo dei ragazzi e delle ragazze del posto. Visto che ero da solo, mi sono detto di andare a vedere la situazione. Oh, ma mi stai a sentire?”
“Certo, anch’io conosco quel bar” rispose lui.
“Bene. Allora sono arrivato e c’era una ragazzetta a sedere, tutta sola. Ho parcheggiato la macchina lì davanti e sono andato al tavolo vicino al suo. Dopo un po’ le ho chiesto, con la solita scusa di averla già vista, se potevo unirmi al suo tavolo offrendole da bere. Lei mi ha detto di sì e ho cominciato a baccagliarla.”
“Grande Bena. Che cavallo!” disse Ciaffa incuriosito dal racconto.
“Aspetta il bello deve venire. Ora apro il cancello e poi ti finisco di raccontare.”
Scesi, feci quello che dovevo fare e risalii per spostare il camion oltre il cancello.
Risalendo gli dissi: “Ma lo sai chi era quella? Era la figlia del capitano. Aspetta che richiudo il cancello.” E così scesi nuovamente, chiusi il cancello dietro il camion e poi rimontai su.
Avevo insinuato un tarlo dentro di lui.
Appena sul camion, con indifferenza buttai un’occhiata sulla sua faccia: era un po’ più pallido e sorrideva meno di prima. Allora affondai la lama:
“Insomma, per fartela breve, dopo averla baccagliata per benino, siamo andati in macchina in un campo a Calvisano, tu mi capisci…, e ci siamo rimasti fino a quando sono dovuto ripartire per rientrare in caserma.”
Ormai era una mummia, una faccia impietrita senza espressione.
“Oh, questa ci stava! Lo sai, però, che mi ha detto? E questo mi ha lasciato un po’ perplesso. M’ha detto che io potevo andare con lei quando volevo, ma che il suo cuore era per un altro. Ma non ti sembra che una così, che fa questi discorsi, sia una sgualdrina? Ciaffa, ma mi ascolti? Lo sai che le ho detto? Che se voleva stare con me doveva lasciare quell’altro, il cornuto. Lei mi ha risposto che ci avrebbe pensato, ma solo dopo avermi rivisto. Così domani si ritorna a Calvisano. E vai! Allora che ne pensi? Secondo te,  si mette con me, o resta con quel cornuto, anche se viene a letto con me?”
Ormai eravamo arrivai al fortino e tutti erano scesi dal camion.
Anch’io, ma non vedendo scendere il Ciaffa, andai dal lato passeggero e aprii la sua porta.
“Beh? Non scendi?” gli domandai.
“Anch’io sto con una figlia del capitano” disse tristemente.
“Ma dai!” esclamai. “Allora si diventa cognati!”
Poi facendo finta di riflettere dissi: “Per la verità non mi ha detto di avere una sorella!”
“Nemmeno la mia” disse ancor più tristemente.
“Porca miseria, Ciaffa, questa qui allora c’ha preso per i fondelli tutti e due” dissi facendo finta di adirarmi.
“Che zoccola!” continuò. “Ecco perché mi diceva che non voleva fare l’amore con me! Perché l’aveva già fatto con te!”
“Chi l’avrebbe creduto. Allora sei tu il cornuto! Che schifosa!”
Dopo averla apostrofata varie volte per uno e vedendo che ancora era seduto sul camion, gli dissi:
“Ciaffa…, io la figlia del capitano non la conosco, non so nemmeno come è fatta! Tu c’hai creduto, eh? Burba che non sei altro. Era uno scherzo! Dai, scendi dal camion, che non è vero niente!!”
“Davvero? Era uno scherzo?”
“Certo, io sto con la Cinzia, e non ci penso nemmeno lontanamente ad andare con un’altra, stai tranquillo!”
Un bel vaffa… da parte sua ci sarebbe stato più che bene e invece, come per una forma di rispetto nei miei confronti:
“Era uno scherzo? Meno male, tu mi hai fatto prendere un colpo. Grazie, grazie.”
Povero Ciaffa, mi stava ringraziando perché era contento che la storia che gli avevo raccontato non era vera!
Questi sono i veri scherzi del cuore!

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