domenica 23 giugno 2013

Notte prima de...

Avevamo cercato di fare una cenetta in pizzeria per salutare bambini e genitori. Avevamo proposto una data ma, al momento di comunicarla, ci siamo resi conto che la maggior parte di loro non poteva esserci. A malincuore, Cinzia ed io, abbiamo rinunciato all’idea, e siamo saliti in aula con i ragazzi come ogni sabato.
All’uscita alcuni genitori ci hanno avvicinato, dicendoci che avevano organizzato un piccolo buffet a base di pizza per il sabato prima della Cresima, la vigilia. Non potevamo certo rifiutare, era l’ultima volta, forse, che avremmo potuto stare insieme a tutti loro, in particolare ai ragazzi, perché, come spesso accade, una volta ricevuto il sacramento in tanti si dirigono verso altri lidi.
E quel sabato è arrivato. All’ora concordata, Cinzia ed io siamo arrivati al bar indicato, puntuali tanto da sembrare in anticipo, poi sono arrivati anche gli altri, quasi tutti.
Poco a poco ci siamo sciolti e si sono formati dei gruppetti che conversavano piacevolmente, prima di trovare nuovi interlocutori per ricominciare e continuare. Fra una chiacchiera ed un’altra, un pezzo di pizza ed una bibita, una domanda sui programmi futuri e qualche considerazione sul passato.
Sapevamo che quel tempo sarebbe stato breve, anche volendo intrattenersi di più. Le confessioni per i genitori, padrini e madrine, cominciavano alle 21,00, quindi bisognava finire presto. All’imbrunire Cinzia ed io ci siamo incamminati verso casa, non prima di aver salutato e ringraziato tutti quanti per la bella serata e dato l’appuntamento per l’indomani pomeriggio. Per la strada ci siamo detti che eravamo stati bene, ed era quasi un peccato che tutto stesse per finire. Poi: “Andiamo a casa a posare questo pacco (era il regalo che i genitori di avevano fatto), poi andiamo a vedere cosa fa Sara”. Sara stava lavorando nella pizzeria della parrocchia, dietro la chiesa.
Quando siamo arrivati là abbiamo riconosciuto le macchine dei genitori dei nostri ragazzi. Siamo andati in pizzeria e ci siamo intrattenuti un po’. Poi tornando verso casa, abbiamo visto alcuni dei nostri ragazzi seduti sui gradini della chiesa. Siamo andati da loro.
“E voi, che cosa ci fate ancora qui?”
“Il babbo e la mamma sono ancora dentro a confessarsi, ci sono solo due preti e stanno andando a rilento”.
Ci siamo seduti anche noi e loro hanno cominciato subito ad inondarci di discorsi, senza sosta: scuola, vacanze, danza, sport, di tutto di più. Era una bella serata, limpida e calda. Era bello stare lì a parlare con loro, ma soprattutto era bello stare lì ad ascoltarli. Poi anche i genitori hanno cominciato a venir fuori. Io sono rimasto con i ragazzi e Cinzia si è diretta verso i genitori. Eravamo di nuovo tutti a parlare, come poco prima. Ed in quel clima da notte prima degli esami, dove ognuno raccontava all’altro qualcosa di sé, siamo rimasti lì, fino a quando il parroco è uscito, a confessioni terminate. Eravamo rimasti solo noi, ed era tardi. La piazza era vuota, illuminata da deboli lampioni. Ogni tanto qualche ragazzo passava di lì dopo aver terminato il proprio lavoro nella pizzeria della parrocchia.
Poi abbiamo cominciato a darci la buona notte, per riposare in vista della giornata successiva, piena di impegni e cose da fare, chi per ricevere i parenti che sarebbero arrivati, chi per preparare la chiesa e tutto il resto per la cerimonia.

E così la serata è terminata, e la piazza si è svuotata. Dentro di noi nessuna solitudine, come se quella sera e quella piazza avessero riversato nei nostri cuori tutto ciò che avevamo fatto e tutto ciò che avevamo detto. Uno di quei momenti che danno risposte alle domande che ogni tanto ci accompagnano, uno di quei momenti che fanno addormentare con un sorriso, leggero, sulle labbra.

mercoledì 19 giugno 2013

Come Dorcas Gustine


Non ero amato da quelli del villaggio, 
ma tutto perché non avevo peli sulla lingua, 
e affrontavo chi m'insultava
con una protesta diretta, senza nascondere o nutrire 
segreti rancori o rammarichi.
È molto lodato il gesto di quel ragazzo spartano, 
che nascose il lupo sotto il mantello, 
e si lasciò divorare, senza un lamento. 
È più coraggioso, credo, strapparsi il lupo di dosso 
e combatterlo apertamente, magari per strada, 
tra polvere e urla di dolore.
La lingua sarà forse un organo ribelle,
ma il silenzio avvelena l'anima. 
Mi biasimi chi vuole, io sono contento.



Ieri mi sono sentito come Dorcas.

giovedì 13 giugno 2013

Quando la risposta è il silenzio

Ultimamente mi sta capitando di interpellare le persone senza ottenere risposte.
Chiami e non rispondono, senza richiamare, sms e non rispondono, e-mail e non sai se le leggono.
Ma che è? Una nuova moda? Si deve dare tutto per scontato?
A meno che non ci sia proprio il proposito di non rispondere... a me.